Sottrazione illecita di minori dall’Italia all’Ungheria

La sottrazione internazionale di minori con particolare riferimento alla sottrazione illecita dall’Italia all’Ungheria

La fattispecie che si intende approfondire è quella, peraltro non infrequente, del genitore ungherese che, pur in mancanza del consenso o addirittura contro la volontà del genitore italiano, si trasferisca in Ungheria portando con sé il figlio minore ed ostacolando, così, l’esercizio della potestà genitoriale in capo al parente italiano.

I riferimenti legislativi che disciplinano la materia sono la Convenzione dell’ Aja del 25.10.1980, relativa agli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, recepita in Ungheria con il Decreto legislativo num. 14 dell’anno 1986 ed il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.

Premettiamo che il procedimento che sotto indichiamo è percorribile solo in presenza di due presupposti: da un lato è necessario che la sottrazione sia illecita ai sensi della Convenzione dell’Aja e cioè posta in essere in violazione dei diritti di affidamento riconosciuti ed effettivamente esercitati da un soggetto sulla base della legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale, e , dall’altro lato, che il minore non abbia ancora compiuto il sedicesimo anno di età.

In un caso del genere le tutele che si prospettano al genitore italiano sono di due tipi: da un lato egli può rivolgersi alla c.d. Autorità Centrale italiana e/o ungherese, che tanto in Italia quanto in Ungheria è rappresentata dal Ministero della Giustizia, dall’altro lato può rivolgersi direttamente all’autorità giudiziaria competente in materia che, in Ungheria, è il Tribunale Centrale dei Distretti di Pest (Pesti Központi Kerületi Bíróság, H-1055 Budapest, Markó utca 25.).

Nel caso in cui il genitore italiano decida di percorrere la prima strada e, dunque, si rivolga al Ministero della Giustizia, poniamo quello italiano, quest’ultimo, una volta ricevuta la denuncia, deve inoltrare una richiesta di restituzione, debitamente tradotta, al Ministero ungherese. A tal punto il Ministero ungherese deve attivarsi e provare a contattare il genitore ungherese al fine di trovare una soluzione accettabile sia per la madre che per il padre del minore. Qualora il Ministero non sia a conoscenza della residenza ungherese deve attivarsi nel ricercarla. In tutti i casi in cui i tentativi di trovare un accordo realizzati dal Ministero ungherese non riescano a risolvere il contrasto, il Ministero è tenuto ad avviare un procedimento avanti al Tribunale per la restituzione del minore.

Nell’intera procedura è fondamentale il rispetto della tempistica. Occorre, difatti, avviare il procedimento davanti al Tribunale per la restituzione del minore entro e non oltre 1 anno dalla sua sottrazione illecita, poiché in tale caso si potrà evitare il rischio che il Tribunale esamini l’avvenuta o meno integrazione del minore nel nuovo contesto sociale e, nel caso di riscontro positivo, che neghi la sua restituzione. Difatti qualora l’atto di citazione, e si badi bene non stiamo parlando delle denunce eventualmente effettuate alle Autorità centrali bensì dell’atto introduttivo del giudizio, non venga depositato presso il Tribunale entro 1 anno dall’accadimento del fatto, i giudici sono legittimati a verificare se il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se la risposta è positiva e le altre circostanze lo consentano, i giudici possono consentire al genitore di tenere presso di sé il minore. A livello pratico è possibile riscontrare un certo favor dei Tribunali nazionali nell’ammettere, se sussistono delle condizioni di vita decorose, l’avvenuto inserimento del minore nel nuovo ambiente, soprattutto se il genitore riesca a dimostrare, prova invero non impossibile, che il figlio si è integrato a livello sociale (se ha nuovi amici, se si è inserito nel contesto familiare etc.) e culturale (se ha imparato la lingua o abbracciato la cultura locale).

Il rispetto della tempistica è un elemento determinante e, spesso, colpevolmente ignorato. La tempistica è soprattutto un elemento condizionante nella scelta delle procedure da adottare: se il periodo di un anno è in procinto di scadere è opportuno rivolgersi direttamente al Tribunale, al fine di evitare le perdite di tempo che inevitabilmente si verificano passando attraverso le Autorità centrali competenti.

Se, al contrario, il termine di un anno è lungi dallo spirare, allora la parte lesa potrà scegliere se rivolgersi alle Autorità centrali, affidando a loro il primo tentativo di riportare il minore in Italia, o direttamente al Tribunale.

A livello pratico l’esperienza consiglia di rivolgersi direttamente al Tribunale, dal momento che le tempistiche nei passaggi attraverso le Autorità Centrali sono spesso piuttosto lunghe e rischiano di essere la causa del mancato rispetto del fondamentale termine di un anno.

Nell’adire il Tribunale il richiedente, invece della restituzione del minore, può limitarsi a chiedere la condanna nei confronti del genitore ungherese a garantire l’esercizio del diritto di visita a favore del genitore italiano.

In ogni caso il Tribunale deve  pronunciare la decisione di primo grado entro e non oltre 6 settimane dall’avvio del procedimento.

Avv. Nemes           Avv. Corbelli

 

 

 

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