La procedura monitoria di recupero credito nei rapporti tra Italia ed Ungheria

1. Premesse

Uno degli argomenti di maggior interesse pratico per l’operatore commerciale che intenda investire od operare in Ungheria e rapportarsi con soggetti ungheresi, è costituito dalla conoscenza dei meccanismi di recupero dei crediti che dovessero risultare ingiustificatamente non corrisposti.

Ponendo l’esempio di una società o di un imprenditore italiano che vanti un credito, certificato da fatture scadute, nei confronti di un soggetto ungherese, occorre domandarsi come tale credito possa essere recuperato.

Innanzitutto la prima ed essenziale verifica concerne la competenza giurisdizionale: occorre, dunque, verificare se il giudice italiano sia competente a decidere. Una tale verifica dovrà avvenire sulla base del Regolamento Europeo n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.

La nostra esperienza ci insegna come le questioni relative alla competenza giurisdizionale siano frequenti e, spesso, particolarmente complesse. Al fine di superarle più celermente un accorgimento efficace è costituito, laddove possibile, dalla previsione di una clausola giurisdizionale ad hoc che si applichi al rapporto sottostante. Nella elaborazione di una tale clausola occorrerà tenere conto di vari fattori tra cui, ad esempio, la tipologia e la lunghezza dei procedimenti applicabili nei diversi ordinamenti. In un tale contesto è suggeribile rivolgersi ad un legale che conosca le procedure applicabili nei Paesi potenzialmente coinvolti e che sappia, dunque, consigliare preventivamente l’operatore.  

2. L’ottenimento di un titolo ingiuntivo in Italia

Qualora la competenza giurisdizionale sia in capo al giudice italiano, il creditore potrà azionare una procedura monitoria ai sensi degli articoli 633 e seguenti del Codice di Procedura Civile italiano.

Come noto questo istituto, se rapportato ad un procedimento ordinario, presenta indubbi caratteri di rapidità, economicità ed efficacia. Ciò, ovviamente, purché la procedura o il debito non vengano contestati da controparte.

Rileviamo come la procedura d’ingiunzione possa essere azionata anche nei confronti di un debitore ungherese in virtù dell’avvenuta eliminazione di ogni preclusione, almeno nei confronti di debitori con sede nei Paesi dell’Unione Europea. Questa costituisce una profonda differenza con il sistema ungherese che, seppur prevedendo la procedura di ingiunzione di pagamento con presupposti analoghi a quelli italiani, ne subordina espressamente l’azionabilità alla condizione che il debitore, sia esso persona fisica o giuridica, abbia la propria residenza o sede in Ungheria. Tale ostacolo è stato parzialmente superato con il recepimento, anche in Ungheria, del Regolamento n. 1896/2006 istitutivo di un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento.

Pur non essendo oggetto del presente articolo, rileviamo come una volta emesso, al fine di rispettare il diritto alla difesa dell’ingiunto, il Decreto deve essere debitamente tradotto in  ungherese, o comunque in una lingua comprensibile a controparte, asseverato e notificato in accordo con il Regolamento n. 1393/2007.


3. Certificato di Titolo Esecutivo Europeo

Una volta che il Decreto Ingiuntivo sia stato notificato e non venga opposto nel termine  stabilito, si realizza il suo passaggio in giudicato.

A questo punto, laddove il creditore intenda azionare in Ungheria l’ingiunzione di pagamento ottenuta, occorre domandare l’emissione del Certificato di Titolo Esecutivo Europeo dal Giudice italiano, ai sensi del Regolamento n. 805/2004. Questo Regolamento, come spesso accade per tali fonti, è corredato da un modulo, replicato in ogni lingua dei Paesi dell’Unione Europea, e contenente il modello di Certificato di Titolo Esecutivo Europeo. Tale modulo una volta compilato nella versione italiana e sottoscritto dall’Autorità Giudiziaria competente costituisce il titolo necessario per avviare la fase esecutiva in Ungheria.

Rileviamo come tale Certificato Esecutivo Europeo non debba essere notificato al debitore ed è di indubitabile validità ed efficacia. Il Tribunale ungherese, difatti, non può né indagare il merito e, dunque, la fondatezza o meno del titolo, né può procedere, come invece prevede il regolamento n. 44/2001, con una procedura di delibazione della sentenza straniera.

4. Esecuzione in Ungheria sulla base del Certificato di Titolo Esecutivo Europeo

Al fine di avviare la procedura esecutiva nei confronti del debitore ungherese, occorre poi procedere con le seguenti attività.

Innanzitutto il Certificato di Titolo Esecutivo deve essere debitamente tradotto in lingua ungherese e depositato, assieme all’ingiunzione di pagamento anch’essa in lingua ungherese, in Tribunale.

Tali documenti devono essere accompagnati da un modulo, compilato con i dati richiesti e relativi al credito ed al debitore, e depositati presso il Tribunale territorialmente competente.

Contestualmente al deposito occorre pagare l’imposta necessaria per l’avvio dell’esecuzione, che, rileviamo, sebbene debba essere anticipata dal debitore, costituirà, assieme agli onorari d’avvocato, una spesa rimborsabile nel caso di successo dell’esecuzione.

Il Tribunale deve accettare e rispettare, senza indagini in merito e senza procedure di riconoscimento, il provvedimento adottato dal Giudice italiano, dando, dunque, avvio all’esecuzione. Il Tribunale deve quindi nominare l’esecutore che procederà con la fase esecutiva al fine di recuperare il capitale, gli interessi, le spese procedurali italiane ed ungheresi e le spese legali relative tanto alla fase di cognizione quanto a quella di esecuzione.
            

[Avv. Iván Sándor Nemes]                 [Avv. Andrea Corbelli]       

 

 

 

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